L’Italia è allineata al contesto internazionale?
Il settore retail sta attraversando una profonda fase di trasformazione, alimentata dai cambiamenti nei comportamenti di consumo, dalla necessità di aprire – e talvolta chiudere – rapidamente nuovi spazi fisici e dall’esigenza di garantire coerenza tra l’identità del brand e l’esperienza offerta nei punti vendita.
In questo scenario, il modello Design & Build nel retail – ovvero la gestione integrata dell’intero processo di realizzazione, dalla progettazione fino alla consegna chiavi in mano – si è affermato a livello internazionale come paradigma di efficienza.
Tuttavia, la situazione italiana appare ancora frammentata, con un’adozione disomogenea del modello e barriere culturali e operative che ne rallentano la diffusione.
🔎 Prima nota polemica: come mai queste barriere si generano – e spesso si radicano – proprio all’interno dei contesti aziendali più strutturati? Forse sono proprio i modelli organizzativi consolidati, eccessivamente verticali, a ostacolare il cambiamento?
Modello Design & Build: una risposta all’evoluzione del retail
Nei principali mercati internazionali il modello Design & Build è ormai prassi consolidata, soprattutto nel retail multi site. Questo approccio consente di gestire progettazione architettonica, ingegneria, pratiche autorizzative, opere edili e impiantistiche attraverso un unico interlocutore responsabile.
I vantaggi principali di questo modello sono:
- Riduzione significativa dei tempi grazie all’overlap tra progettazione ed esecuzione;
- Maggiore controllo dei costi globali di progetto;
- Presidio costante della qualità nelle fasi realizzative;
- Scalabilità per roll-out simultanei in diverse città o nazioni.
In Italia, al contrario, il modello prevalente resta ancora quello separato: progettazione da un lato, affidamenti a imprese dall’altro, gestione spesso in capo al cliente. Una modalità collaudata, ma anche fonte di probabili inefficienze, slittamenti temporali e frequenti disallineamenti tra il concept e lo spazio realizzato.
Il Project Management è una leva strategica da affiancare al Design & Build
Un aspetto chiave del successo del Design & Build – nei mercati dove questo modello è pienamente maturo – è il Project Management strutturato e professionale. In questi contesti, il Project Manager è una figura certificata, autorevole, presente sin dalle prime fasi del progetto. È il garante del rispetto dei tempi, della qualità esecutiva, della coerenza con il concept iniziale e dell’allineamento tra tutti gli attori coinvolti: brand, progettisti, imprese, fornitori e autorità locali.
In Italia, invece, il project management nel retail è ancora sottovalutato: spesso percepito come un costo accessorio, anziché come una leva strategica. Le competenze sono spesso frammentarie, la figura del PM è talvolta ibrida (interno al cliente o esterno alla filiera?), e mancano strumenti di condivisione e interoperabilità (es. uso diffuso di BIM o piattaforme collaborative).
🔎 Seconda nota polemica dell’articolo: questa carenza limita forse la capacità dei general contractor italiani di operare secondo gli standard internazionali del D&B? Riduce l’efficacia nella gestione dei progetti, rallentando la competitività del sistema?
La figura del PM, capace di presidiare aspetti tecnici e decisionali, dovrebbe essere considerata una leva strategica tanto quanto il concept architettonico o il budget economico. Il Project Manager non è un intermediario, ma un attivatore di valore.
Cultura progettuale e burocrazia: due freni al cambiamento
- Cultura progettuale frammentata: in Italia la figura dell’architetto progettista ha spesso un ruolo centrale ma separato da chi realizza. Questo porta a un approccio ancora molto artigianale e “su misura”, poco compatibile con logiche di standardizzazione, replicabilità e rapidità richieste dal retail contemporaneo.
💬 Nota di riflessione (non polemica): può questa sensibilità progettuale diventare un punto di forza, se opportunamente integrata nel modello D&B? Un Design & Build “all’italiana”, capace di coniugare efficienza e qualità architettonica, rappresenterebbe una reale opportunità competitiva.
E se il progettista acquisisse anche competenze di project management?
- Burocrazia e permessi: Il sistema normativo italiano presenta notevoli criticità: iter autorizzativi lunghi, competenze distribuite tra enti locali, procedure spesso analogiche. All’estero, molti paesi adottano sistemi digitali centralizzati, che consentono di ottenere permessi in tempi brevi e programmabili.
🔥 Qui nessuna riflessione, solo polemica: come può funzionare un modello integrato se la macchina amministrativa lo frena alla partenza?
Casi internazionali e segnali positivi in Italia
Nei mercati internazionali alcune catene di retail adottano il Design & Build in modo sistematico, affidando la realizzazione dei punti vendita a general contractor capaci di gestire tutto il processo in tempi molto ridotti, con risultati omogenei in diverse aree geografiche.
In Italia, alcune realtà locali e internazionali hanno iniziato a replicare questo modello, ottenendo ottimi risultati. Allo stesso tempo, stanno emergendo operatori italiani capaci di offrire servizi integrati, anche grazie all’introduzione di piattaforme digitali e strutture interne di project management.
Segnali molto incoraggianti, per chi – come noi di Kepatz – crede nella validità del Design & Build e nella centralità del Project Management.

